E’ possibile l’omologa delle procedure negoziate e di soluzione della crisi anche senza il voto dell’amministrazione finanziaria?
Un recentissimo orientamento giurisprudenziale, ispirato al favor debitoris, interpreta estensivamente le novità introdotte dal D.L. n. 125/2020, convertito nella Legge n. 159 del 2020, e dal D.L. 137/2020 convertito nella Legge 176/2020.
Ci si riferisce alla possibile omologazione delle procedure negoziate di soluzione della crisi come previste dal nuovo comma 4 dell’art. 180 L.F. (concordato preventivo), dal nuovo comma 4 dell’art. 182-bis L.F. (accordi di ristrutturazione dei debiti) e dall’art. 12, comma 3-quater della Legge n. 3/2012 (procedura da sovraindebitamento).
In sostanza il Legislatore ha riproposto pedissequamente quanto già previsto nel Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, laddove il principio di fondo è che il Tribunale può procedere all’omologazione delle procedure anche in mancanza di voto da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze e la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
Le nuove norme hanno una portata estremamente innovativa, ma, come quasi sempre accade in questi casi, non hanno mancato di dar luogo, già nell’immediatezza dalla loro entrata in vigore, a notevoli dubbi interpretativi in seno alla dottrina ed applicazioni giurisprudenziali disomogenee.
Fondamentalmente il pomo della discordia è la locuzione “mancanza di voto” (“mancanza di adesione” negli accordi di ristrutturazione e nel sovraindebitamento) utilizzata dal Legislatore.
Si tratta cioè di stabilire, in concreto, se il Tribunale possa comunque omologare il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione e l’accordo da sovraindebitamento, ferme restando le condizioni previste dalla legge (convenienza e decisività del voto), non solo quando l’amministrazione finanziaria e gli enti non abbiano votato, ma anche quando questi si siano espressi in senso contrario all’approvazione della proposta concordataria formulata dal debitore.
Inizialmente alcuni Tribunali si sono espressi in senso restrittivo, affermando che la nuova disposizione consente al giudice di operare il c.d. cram down solo in caso di inerzia dell’amministrazione finanziaria e non anche nel caso di diniego alla proposta.
Il su esposto rigoroso orientamento si pone in continuità con un’autorevolissima dottrina che obietta come un’interpretazione estensiva delle norme innanzi citate introdurrebbe, di fatto, un’ipotesi di ammissione di ufficio delle procedure.
Da ultimo, però, si registrano numerose pronunce di segno contrario, secondo le quali “[…] L’art. 180, comma 4, L.F., introdotto dall’art. 3, comma 1-bis, lett. A), D.L. n. 125 del 2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 159 del 2020, il quale – ricorrendone i presupposti ivi stabiliti – consente al tribunale di omologare il concordato preventivo in mancanza di voto da parte della amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, trova applicazione anche quando questi creditori abbiano manifestato il proprio voto contrario”.
Tale lettura sembrerebbe più in linea con il fine ultimo della riforma, come esplicitato nella Relazione Illustrativa del Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza..
In tale prospettiva, peraltro, sembra essere stato decisivo l’endorsement della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, ordinanza n. 8504 del 25 marzo 2021, che valorizza la novella legislativa nella misura in cui essa indirizza “[…] la questione della mancata adesione alla proposta di transazione da parte dell’agenzia fiscale verso la competenza giurisdizionale di merito del tribunale fallimentare, collocando ancor più chiaramente l’istituto de quo all’interno delle procedure concorsuali ed alle loro, peculiari, finalità, piuttosto che nell’ambito delle procedure di attuazione dei tributi”.
In relazione alle procedure da sovraindebitamento si segnala una pronuncia del Tribunale di Napoli del 21 giugno 2021 che ha omologato l’accordo proposto dal debitore pur “[…] in presenza del voto contrario dell’amministrazione finanziaria, avendo offerto all’amministrazione finanziaria le medesime somme che la stessa riceverebbe nell’alternativa liquidatoria”.
In tal caso, quindi, è risultato sufficiente che la proposta del debitore fosse non migliore di quella praticabile nell’alternativa liquidatoria, ma anche solo equivalente.
Ora, se questo nuovo indirizzo segnerà un punto di svolta nell’ambito delle procedure concordate di risanamento aziendale e di composizione della crisi da sovraindebitamento lo scopriremo solo nei prossimi mesi; è certo però che, in un contesto economico ulteriormente fiaccato dalla pandemia COVID-19, il nuovo cram down fiscale potrebbe rappresentare, se interpretato estensivamente, uno snodo fondamentale per il sostegno delle aziende in crisi e dei debitori non soggetti al fallimento e alle altre procedure concorsuali.
- Si cfr., in materia di concordato preventivo, Tribunale di Bari, 18 gennaio 2021, in Il Fallimento e le altre procedure concorsuali, IPSOA, 2021, 860.
- Tra gli altri, si cfr. M. FERRO, “L. 159/2020: il giudizio di convenienza supplisce nei concordati al mancato voto dell’ente pubblico per i debiti tributari e previdenziali”, in Quotidiano Giuridico, 2020; M. MONTELEONE – S. PACCHI, “Il nuovo cram down del tribunale nella transazione fiscale”, in www.ilcaso.it; L. DE BERNARDIN, “Brevi note a prima lettura sull’omologa dei piani di ristrutturazione con trattamento dei crediti tributari e contributivi”, in www.ilcaso.it
- Si cfr. Tribunale di La Spezia del 14 gennaio 2021 e Tribunale di Forlì del 15 marzo 2021 in materia di accordi di ristrutturazione e Tribunale di Genova del 13 maggio 2021 e Tribunale di Como del 22 settembre 2021 in materia di concordato preventivo.
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